08/09/2011
La manovra sulle BCC penalizza lo sviluppo del Paese
Per ogni milione in meno che le BCC potranno capitalizzare, ci saranno circa 20 milioni in meno di crediti per famiglie e imprese.
Approvata, con voto di fiducia da parte del Senato, una manovra economica da oltre 50 miliardi di euro, il Credito Cooperativo italiano intende sottolineare con forza e chiarezza la particolare iniquità del provvedimento – attuato senza alcuna considerazione della tutela costituzionale accordata alla cooperazione mutualistica – che aumenta la base imponibile di tassazione delle imprese cooperative e penalizza pesantemente, per la seconda volta nell’arco di poche settimane, le oltre 400 Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali italiane.
 
Attraverso tale provvedimento (che, si ricorda, aumenta il prelievo impositivo ai fini IRES in aggiunta all'aggravio IRAP definito con la manovra di luglio) si genera un danno grave ed immediato andando a colpire un sistema – quello delle banche locali cooperative - che dallo scoppio della crisi ha svolto con coerenza il proprio ruolo “anticiclico”, facendo davvero sforzi straordinari per consentire a centinaia di migliaia di famiglie ed imprese di sostenere l’urto della crisi (gli impieghi delle BCC si attestano oggi attorno ai 150 miliardi di euro).
 
Tale provvedimento (come sottolineato anche di recente in una nota della Alleanza delle Cooperative Italiane) priva le BCC di una fonte di capitalizzazione importante, proprio in un momento in cui – nell’esigenza di rispettare le nuove regole di Basilea - tutte le banche ne hanno maggiormente bisogno. Le BCC, difatti, non hanno altri mezzi di rafforzamento patrimoniale e non possono – a differenza delle banche spa - ricorrere al mercato.
 
Per questo motivo, il particolare regime fiscale delle BCC ha una funzione ripristinatoria della parità concorrenziale, essendo peraltro il patrimonio – per tutta la durata della società – indivisibile ed indisponibile ai soci.
 
Tutto ciò si rifletterà, direttamente, sulla capacità delle BCC di erogare prestiti a famiglie ed imprese. Sulla base dei coefficienti di patrimonializzazione e di ponderazione del rischio è possibile prevedere che, per ogni milione in meno che le BCC potranno capitalizzare, ci saranno circa 20 milioni in meno di impieghi a sostegno dell’economia reale.
 
Un fatto, questo, che ancora lo scorso 30 agosto era stato sottolineato dal Vice Direttore Generale della Banca d’Italia Ignazio Visco il quale, nel corso di una Audizione alla Commissione Bilancio del Senato, aveva chiesto particolare attenzione nel definire un ulteriore aggravio fiscale a carico delle BCC, evitando di deteriorare una situazione di stress e riconoscendo, esplicitamente, che le BCC “hanno svolto una funzione importante” nel sostegno all’economia in questi anni di crisi.
 
Le BCC, inoltre, sono le uniche banche italiane che – dopo aver subito l’aumento dell’IRAP decretato dalla prima manovra di luglio e che ha interessato la totalità degli istituti di credito – vengono oggi colpite da un ulteriore inasprimento fiscale in quanto cooperative. Va aggiunto, peraltro, che già l’aggravio dell’IRAP appariva sproporzionato ed oltremodo penalizzante, andando a colpire Istituti che hanno in questi anni creato lavoro stabile (nel solo 2010 l’occupazione media nelle BCC è cresciuta dell’ 1,65% rispetto ad una contrazione del 3,14% per il resto del sistema).
Per questo motivo, il complesso delle misure adottate a carico del sistema bancario cooperativo appare eccessivo ed intollerabile.
 
In questo contesto, il Credito Cooperativo italiano non può che far proprie anche le parole del Segretario di Stato Vaticano, Cardinal Tarcisio Bertone – che ringrazia – il quale, lo scorso 2 settembre, aveva parlato delle cooperative come di un “mondo virtuoso, un mondo da apprezzare, che in tempi di crisi ha dato segni straordinari di lavoro e solidarietà” e che avrebbe meritato un “trattamento migliore” di quello contenuto nella manovra economica.
 
La cooperazione italiana, che contribuisce all’8 per cento del Pil del nostro Paese, che rappresenta 83 mila imprese ed oltre 12 milioni di soci, è nella Costituzione riconosciuta e promossa in ragione della sua funzione. Non finalizzata al profitto individuale, ma ad un vantaggio collettivo.
Il rischio reale è che quel contributo allo sviluppo del nostro Paese che la cooperazione di credito – nello specifico – ha assicurato in questi anni, venga bloccato proprio mentre dovrebbe, invece, essere stimolato.