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15/12/2016
Provincia di Pescara, nei giovani cresce la voglia di ‘fare impresa’
Segnali positivi per il tessuto economico della nostra regione. Durante i primi nove mesi del 2016 in Abruzzo, infatti, sono state avviate ogni giorno da giovani di età inferiore a 35 anni 7 nuove imprese.
È il risultato di un’indagine svolta dal Cresa (Centro regionale di studi e ricerche economico-sociali) sulla base di dati forniti da Infocamere-Stockview, la banca dati delle Camere di Commercio. In totale da gennaio a settembre 2016 i giovani hanno aperto 1.911 nuove imprese, mentre nello stesso periodo le imprese sempre di giovani che hanno chiuso i battenti sono state 1.02, con un saldo positivo di 890 unità. Considerando che le imprese giovanili costituiscono il 29% delle nuove aperture e il 15,5% delle chiusure, sembra che esse contribuiscano in maniera considerevole e positiva alla dinamica imprenditoriale regionale. A livello provinciale emerge la situazione di Pescara, dove è stato raggiunto il maggior numero di aperture di imprese da parte di giovani (530) con conseguente migliore tasso di iscrizione (16,3 su 100 imprese attive giovanili), il miglior saldo tra imprese giovanili iscritte e cancellate (250) e il conseguente migliore tasso di sviluppo (7,7 surplus di iscritte sulle cancellate rispetto a 100 imprese attive giovanili). Al 30 settembre 2016 la situazione regionale vede attive 12.535 imprese giovanili (2,4% di quelle nazionali) che rappresentano il 9,8% delle imprese attive totali abruzzesi che risulta poco inferiore al 10,1% italiano. La distribuzione territoriale vede prevalere la provincia di Chieti (3.322 pari al 26,5%) mentre a L’Aquila se ne localizza la quota minore (22,5%). Come accade in Italia, tra le imprese giovanili abruzzesi prevalgono quelle che svolgono attività di tipo tradizionale, quali commercio (31,6% rispetto al 31,7% italiano), costruzioni (13,9% rispetto al 15,6% nazionale), alloggio e ristorazione (12,2% poco superiore al 10,9% italiano), agricoltura (8,9% poco minore del 9,6% nazionale) e attività manifatturiere (7,4% rispetto a 6,3% italiano), mentre sono meno diffuse le attività ad alto valore aggiunto quali servizi di informazione e comunicazione (2,4% allineato al valore nazionale), attività professionali, scientifiche e tecniche (2,8% quasi allineato al 2,9% italiano) e attività finanziarie e assicurative (2,5% poco inferiore al 2,9% nazionale).